IL PROBLEMA NON È FARLO, MA CHIAMARLO!

Abbiamo pensato più a come chiamarlo, che a fondarlo! Perché se il progetto di mettere insieme competenze eterogenee per dare vita a uno studio che si occupasse di comunicazione, eventi e grafica ha da subito messo entrambi d’accordo, la scelta del nome ideale ha seguito strade più tortuose.
In effetti, scegliere un buon nome è tutt’altro che scontato, soprattutto quando si tende a dimenticare che, parlando di naming, il focus della questione non è tanto il “sì, mi piace” ma l’ “ok, funziona”. Si tratta di unire all’indispensabile estro creativo un rigore tutt’altro che scontato. Quella del naming, infatti, è una disciplina complessa, che intreccia fonetica, semiotica e marketing.
Ed è proprio una di queste tre discipline che ha ispirato la nostra scelta, complice – lo ammettiamo – una laurea in Semiotica che ti segna per sempre.

Scherzi a parte, nel nome “Ornitorinco Studio” c’è tanto di noi e questo, senza dubbio, è un buon punto di partenza. Poter essere uno specchio dei valori, delle qualità e della personalità di chi lo porta, è un punto imprescindibile per un buon nome. Ed è così che abbiamo scelto l’ornitorinco e non (solo) per quel suo essere indiscutibilmente un animale strano, tanto da essere – per alcuni – l’evidente risposta (affermativa) alla domanda “Dio avrà il senso dell’umorismo?”. Abbiamo scelto l’ornitorinco perché è un mix, bizzarro senza ombra di dubbio, ma perfettamente funzionante, di caratteristiche provenienti da specie e classi animali diverse. Un po’ anatra, un po’ castoro, girano leggende sulle proprietà salvifiche del suo latte e su un reale pericolo per coloro che si volessero contendere il territorio con un esemplare di sesso maschile. Tiratevi indietro, quindi, se voleste competere con uno di loro: gli ornitorinchi sono teneri solo all’apparenza.

DIO HA SENZA DUBBIO IL SENSO DELL’UMORISMO!

Scherzi a parte, nel nome “Ornitorinco Studio” c’è tanto di noi e questo, senza dubbio, è un buon punto di partenza. Poter essere uno specchio dei valori, delle qualità e della personalità di chi lo porta, è un punto imprescindibile per un buon nome. Ed è così che abbiamo scelto l’ornitorinco e non (solo) per quel suo essere indiscutibilmente un animale strano, tanto da essere – per alcuni – l’evidente risposta (affermativa) alla domanda “Dio avrà il senso dell’umorismo?”. Abbiamo scelto l’ornitorinco perché è un mix, bizzarro senza ombra di dubbio, ma perfettamente funzionante, di caratteristiche provenienti da specie e classi animali diverse. Un po’ anatra, un po’ castoro, girano leggende sulle proprietà salvifiche del suo latte e su un reale pericolo per coloro che si volessero contendere il territorio con un esemplare di sesso maschile. Tiratevi indietro, quindi, se voleste competere con uno di loro: gli ornitorinchi sono teneri solo all’apparenza.

MA NON STAVAMO PARLANDO DI SEMIOTICA?

Tornando alla citata Semiotica, l’idea di chiamarsi Ornitorinco Studio ha un’origine più seria di quello che si potrebbe pensare. In “Kant e l’ornitorinco”, celebre saggio di Umberto Eco, pietra miliare del suo percorso filosofico, l’ornitorinco è l’emblema della crisi del quadro categoriale dell’epoca settecentesca. Un mammifero che depone uova e che, solo nel 1884, dopo controversie e discussioni durate ottant’anni tra chi lo voleva mammifero (e negava le uova) e chi lo voleva oviparo (e disconosceva le mammelle e il latte), si stabilirà appartiene alla categoria dei monotremi, che sono mammiferi e ovipari. Curiosa questione, certo, che Eco vede come ottimo spunto per confrontandosi con i nodi fondamentali della filosofia di ogni tempo, da Aristotele a Heidegger, discutendo i problemi dell’essere, della verità, del falso, del riferimento, della realtà, dell’oggettività della conoscenza e della congettura. 

Così, per noi, che certo non possediamo l’acume del grande Eco, l’ornitorinco è qualcosa di forse meno complesso: il simbolo dell’impossibilità di chiudere il mondo, la vita e la storia dentro categorie rigide, nella certezza che ogni esistenza sia meravigliosamente unica. La stessa unicità che, unita alla capacità di mixare elementi eterogenei per dare vita a qualcosa di nuovo, all’incapacità di accontentarsi per spingersi a fare sempre meglio, più ci caratterizza. Due stili, due caratteri e due personalità completamente differenti ci distinguono l’uno dall’altra e ci rendono – a nostro modo – unici. E se siete arrivati fin qui, forse questo è proprio quello che stavate cercando.